
Monasteries in Italy: What future awaits these ancient sanctuaries?
- Over 800 abandoned churches and monasteries are in Italy.
- Tourism generates about 5.6 million arrivals each year.
- Adults aged 30-50 make up 41.4% of religious tourists.
La crisi del monachesimo e l’impatto sul territorio
Il silenzio, un’eco che non rimanda più a preghiere e canti, ma a un vuoto sempre più tangibile. Pare essere questo il destino incombente su un numero crescente di monasteri italiani. Un tempo pulsanti centri di fede, arte e cultura, oggi immobili testimoni di un mutamento profondo. La recente cessazione delle attività del Monastero di Sorrento funge da segnale d’allarme, palesando una crisi che attanaglia il monachesimo italiano, con ripercussioni importanti anche sul turismo. Siamo di fronte a un fenomeno complesso, le cui radici si estendono a cause diverse, tra cui la scarsità di nuove vocazioni, l’età avanzata delle comunità religiose e le difficoltà nella gestione di un patrimonio storico e artistico di valore inestimabile.
Cosa succede quando un monastero chiude definitivamente le sue porte? Quale retaggio rimane di quella ricchezza di fede, arte e storia? E, soprattutto, come cambia il panorama turistico che si sviluppava intorno a questi luoghi di spiritualità? Comprendere la portata di questo fenomeno esige un’analisi accurata dei dati. Malgrado sia arduo realizzare un censimento preciso, le stime indicano la presenza di oltre 800 chiese e monasteri abbandonati in Italia. Un dato preoccupante, tenendo conto che il nostro paese vanta un patrimonio di oltre 200.000 edifici sacri, molti dei quali appartenenti a ordini religiosi. In questi anni, parecchie comunità si sono trovate ad affrontare difficoltà complesse, dovute alla mancanza di nuove vocazioni e all’età avanzata dei religiosi. Basti pensare che, nel solo territorio della provincia di Sant’Antonio dei Frati Minori, che comprende gran parte dell’Italia settentrionale, ben diciassette conventi hanno cessato la loro attività negli ultimi sei anni. La carenza di nuove leve e le difficoltà economiche rendono impossibile sostenere queste strutture, sovente gravate da costi elevati e dalla necessità di interventi di restauro e conservazione.
Queste chiusure non rappresentano semplici numeri, ma storie di vite, di tradizioni secolari che si interrompono, lasciando un vuoto incolmabile nel tessuto sociale e culturale del territorio. La perdita di un monastero significa la scomparsa di un luogo di culto, ma anche di un centro di aggregazione, di un punto di riferimento per la comunità locale. Molti di questi edifici custodiscono opere d’arte, archivi storici, biblioteche preziose, che rischiano di andare perdute o di essere dimenticate. Inoltre, la chiusura di un monastero può avere un impatto negativo sull’economia locale, in particolare sul turismo religioso, che rappresenta una fonte importante di reddito per molte zone del nostro paese.
La secolarizzazione crescente, il calo dei fedeli e delle vocazioni, unitamente al crollo delle offerte, rappresentano le cause principali di questa crisi. I costi per la manutenzione di queste strutture, in un contesto di crisi economica, diventano sempre più onerosi per le entità proprietarie. La Chiesa anglicana, ad esempio, chiude in media 20 edifici religiosi all’anno, mentre in Germania centinaia di chiese hanno subito la stessa sorte negli ultimi anni. La situazione non è diversa nei paesi cattolici come l’Italia e la Francia, che detengono rispettivamente il primo e il secondo posto per numero di edifici religiosi in Europa. In Francia, si stima che circa 500 tra chiese, conventi e abbazie siano già chiusi al culto, e che tra 2.500 e 5.000 corrano il rischio di essere abbandonati, alienati o di crollare entro il 2030.

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Il turismo religioso in Italia: numeri e prospettive
L’Italia, da sempre, si configura come una delle mete più ambite per chi desidera intraprendere un viaggio spirituale. La presenza di numerosi luoghi di culto di fama mondiale e le manifestazioni religiose che attirano milioni di pellegrini ne sono una testimonianza. Già a partire dal 1987, il Consiglio d’Europa ha riconosciuto la significativa funzione dei percorsi spirituali quali vettori di diffusione culturale e valoriale.
Ma quali sono i numeri che caratterizzano il turismo religioso in Italia? Secondo una recente indagine dell’Istituto Nazionale sulle Ricerche Turistiche (ISNART), il settore genera circa 5,6 milioni di arrivi ogni anno, di cui 3,3 milioni provenienti dall’estero, principalmente da paesi europei. Il turismo religioso incide per l’1,5% sul totale degli arrivi turistici nazionali, con una quota del 2% relativa alla richiesta straniera e dell’1,1% per i visitatori italiani.
Chi è il turista religioso che visita l’Italia? Si tratta, in prevalenza, di un adulto non anziano, con un’età compresa tra i 30 e i 50 anni (41,4%). Le donne sono più numerose degli uomini (57% contro 43%). I pensionati costituiscono la maggioranza (42%), seguiti da impiegati e professionisti religiosi (16%), casalinghe (18%), liberi professionisti (7%), operai (8%), artigiani (2%), dirigenti (3%) e imprenditori (4%). La motivazione principale del viaggio è di natura religiosa (71%), ma anche il desiderio di scoprire il patrimonio artistico e culturale (42%), di visitare luoghi nuovi (26,3%) e di conoscere usi e costumi locali (21,1%) giocano un ruolo importante. Meno della metà dei turisti religiosi si affida ad agenzie specializzate (44,4%), con una percentuale più alta tra gli stranieri (59%) rispetto agli italiani (22,3%). I viaggiatori si distribuiscono in maniera variegata: il 32,7% viaggia con il coniuge o partner, il 20% si unisce a tour organizzati, il 19,7% esplora con amici, il 13,3% è in viaggio con la famiglia e solo il 9,8% si muove in solitaria.
La maggior parte dei turisti religiosi compie un viaggio all’anno (55%), mentre il 27% ne fa due, il 12% tre e solo il 6% supera i quattro viaggi annuali. Il periodo preferito è la bassa stagione. La spesa media giornaliera si attesta sui 51 euro a persona, con una cifra più alta per i turisti italiani (59 euro) rispetto agli stranieri (46 euro).
Quali sono le mete più gettonate dal turismo religioso in Italia? Tra le principali, si annoverano: Roma e il Vaticano, con l’immancabile visita alla Basilica di San Pietro; il santuario di San Giovanni Rotondo, meta di profonda devozione a Padre Pio; Assisi, la città che ha dato i natali a San Francesco e Santa Chiara; Loreto, con il suo Santuario Mariano; Pompei; Padova, con la Basilica di Sant’Antonio. Meta estera più richiesta è Medjugorje, seguita da Lourdes.
Riuso e valorizzazione dei monasteri dismessi
La chiusura di un monastero, tuttavia, non deve essere considerata come una sconfitta definitiva. Al contrario, può rappresentare l’opportunità per dare nuova vita a questi luoghi, trasformandoli in risorse preziose per il territorio. In diverse regioni d’Italia e d’Europa, si sono realizzati progetti di riuso e valorizzazione di monasteri dismessi, trasformandoli in strutture ricettive di lusso, centri culturali, musei, spazi per eventi e molto altro. Questi interventi, se realizzati con sensibilità e rispetto per la storia e l’identità dei luoghi, possono contribuire a preservare il patrimonio storico-artistico e a creare nuove opportunità di sviluppo turistico ed economico.
Un esempio virtuoso è rappresentato dall’Abbaye de la Bussière, in Borgogna, trasformata in un hotel di lusso. L’Abbaye Royale de Fontevraud, per esempio, integra armoniosamente un’offerta alberghiera, di ristorazione e un’istituzione culturale, esponendo al pubblico una pregevole collezione di arte contemporanea. Anche in Italia si possono ammirare esempi di successo: l’Eremito Hotelito del Alma, un ex monastero trecentesco immerso nei boschi di Parrano, in Umbria, è diventato un resort con ristorante vegetariano e spa; in Garfagnana, l’ex monastero agostiniano I Romiti del Torrente ospita artisti e creativi. E come non citare il San Domenico Palace di Taormina, un Four Seasons realizzato in un ex convento domenicano, location della serie televisiva “White Lotus”?
Questi interventi di riuso non sono esenti da sfide e difficoltà. È fondamentale trovare un equilibrio tra la necessità di preservare l’identità spirituale dei luoghi e le esigenze di un turismo in continua evoluzione. È importante coinvolgere le comunità locali, gli ordini religiosi, gli esperti di storia dell’arte e del turismo, per definire progetti che siano sostenibili, rispettosi del contesto e in grado di generare benefici per il territorio. Inoltre, è necessario garantire la conservazione e la valorizzazione del patrimonio storico-artistico, attraverso interventi di restauro e di adeguamento funzionale che ne preservino l’integrità e la fruibilità.
Il caso del Monastero di Sorrento, con la sua storia secolare e la sua posizione privilegiata a picco sul mare, rappresenta una sfida e un’opportunità. Come conciliare la necessità di preservare la sua identità spirituale con le esigenze di un turismo in continua evoluzione? La risposta a questa domanda potrebbe indicare la strada per un futuro in cui il monachesimo italiano, pur trasformato, possa continuare a essere una risorsa preziosa per il nostro paese. Non bisogna dimenticare, infatti, che questi luoghi sono testimoni di una storia millenaria, portatori di valori spirituali e culturali che possono ancora oggi ispirare e arricchire la nostra società. La loro valorizzazione, quindi, non è solo un’operazione economica, ma un investimento nel futuro del nostro patrimonio culturale e spirituale.
La sfida, dunque, è quella di trasformare i conventi e i monasteri abbandonati non in semplici contenitori vuoti, ma in luoghi vivi e vitali, capaci di attrarre visitatori e di generare nuove opportunità di sviluppo. Per fare questo, è necessario un approccio integrato, che tenga conto della storia, dell’arte, della spiritualità e delle esigenze del territorio. Solo così sarà possibile garantire un futuro sostenibile a questi luoghi, preservando la loro identità e valorizzando il loro potenziale.
I nostri consigli di viaggio
La chiusura di un monastero può rappresentare una perdita, ma anche un’opportunità per scoprire nuovi itinerari e per valorizzare il patrimonio culturale e spirituale del nostro paese. Se siete viaggiatori occasionali, vi consigliamo di informarvi sulla storia dei luoghi che visitate, di approfondire la conoscenza delle tradizioni locali e di cercare esperienze autentiche, al di fuori dei circuiti turistici più battuti. Scoprirete un’Italia nascosta, ricca di fascino e di spiritualità.
Per i viaggiatori più esperti, invece, suggeriamo di esplorare i cammini religiosi, come la Via Francigena o il Cammino di San Francesco. Questi percorsi offrono l’opportunità di immergersi nella natura, di incontrare persone nuove e di riscoprire il significato profondo del viaggio. Inoltre, rappresentano un modo per sostenere le comunità locali e per valorizzare il patrimonio culturale e ambientale del nostro paese. Che si tratti di un pellegrinaggio spirituale o di un semplice viaggio alla scoperta di luoghi sacri, l’importante è lasciarsi guidare dalla curiosità e dalla voglia di conoscere, aprendo il cuore e la mente alle emozioni che questi luoghi possono suscitare.
Il monachesimo in Italia, pur trasformato, può continuare a essere una risorsa preziosa per il nostro paese. La sua valorizzazione richiede un approccio integrato, che tenga conto della storia, dell’arte, della spiritualità e delle esigenze del territorio. Solo così sarà possibile garantire un futuro sostenibile a questi luoghi, preservando la loro identità e valorizzando il loro potenziale. Un viaggio alla scoperta dei monasteri italiani, quindi, può diventare un’esperienza unica e indimenticabile, un’occasione per arricchire il nostro bagaglio culturale e spirituale e per riscoprire il legame profondo che ci unisce alla nostra storia e alle nostre tradizioni. Non dimentichiamo che dietro ogni pietra, ogni affresco, ogni libro antico si cela una storia di fede, di arte e di umanità che merita di essere raccontata e tramandata alle generazioni future.