Ryanair, la compagnia aerea low-cost che ha rivoluzionato il mercato dei voli in Europa, si trova spesso al centro di dibattiti accesi, specialmente quando si parla del suo rapporto con gli aeroporti regionali italiani. Da un lato, ha democratizzato il volo, rendendo accessibili destinazioni che prima erano impensabili per molti; dall’altro, il suo potere contrattuale solleva interrogativi sul modello di sviluppo turistico che sta promuovendo.
La compagnia aerea irlandese, guidata dall’amministratore delegato Eddie Wilson, è nota per la sua aggressiva politica di negoziazione. La minaccia di spostare rotte, unita alla promessa di ingenti investimenti, crea una dinamica in cui gli aeroporti si trovano spesso a dover cedere alle richieste della compagnia. L’abolizione di tasse aeroportuali come l’addizionale municipale è un tema ricorrente in queste trattative. Wilson ha dichiarato che, in caso di rimozione di tale imposta, Ryanair potrebbe investire 4 miliardi di euro in Italia, generando un aumento di 20 milioni di passeggeri, l’attivazione di 250 nuove rotte e la creazione di 15.000 posti di lavoro. Promesse che suonano come un’allettante opportunità di crescita, ma che celano una strategia ben definita.
Il caso della Sicilia è emblematico. Nel 2025, la Regione ha deciso di eliminare l’addizionale comunale per gli aeroporti di Trapani Birgi, Comiso, Pantelleria e Lampedusa. La risposta di Ryanair non si è fatta attendere: una nuova base operativa a Birgi e l’annuncio di futuri investimenti. Tuttavia, la compagnia non si è accontentata, insistendo per l’estensione dell’abolizione a tutti gli scali siciliani per sbloccare un piano di sviluppo ancora più ambizioso. Un approccio che ricorda un ultimatum, mettendo gli aeroporti minori di fronte a una scelta difficile.
Ma fino a che punto possiamo parlare di “ricatto”? Le tattiche negoziali di Ryanair sono complesse. Da una parte, offre agli aeroporti regionali la possibilità di crescere, attirando nuovi voli e passeggeri. Dall’altra, impone condizioni economiche rigide ed esercita pressioni sulle autorità locali per ottenere vantaggi fiscali e finanziari. Alcune di queste richieste possono risultare eccessive, mettendo a repentaglio la stabilità economica degli scali e limitandone l’autonomia decisionale.
Uno degli strumenti utilizzati per incentivare Ryanair a operare negli aeroporti minori è il co-marketing. Questo approccio prevede che la regione o l’ente aeroportuale investa in campagne pubblicitarie congiunte con la compagnia aerea, promuovendo la destinazione e i voli offerti. L’obiettivo è aumentare la visibilità del territorio e attirare un maggior numero di turisti. Tuttavia, questa strategia non è esente da critiche.
Vincenzo Di Dia, in un’analisi pubblicata su Itacanotizie nel settembre del 2025, ha espresso forti riserve sugli accordi di co-marketing tra Ryanair e la Regione Siciliana. Secondo Di Dia, “questi accordi rappresentano un meccanismo che arricchisce pochi e rende il territorio ostaggio delle decisioni delle compagnie aeree, con conseguenze devastanti per l’economia locale”. Di Dia ha sottolineato come la Regione Siciliana spenda annualmente milioni di euro in tali accordi per garantire i voli da e per Trapani, citando esempi di altri aeroporti, come Alghero e Parma, dove la dipendenza da Ryanair ha prodotto risultati negativi.
L’economista ha evidenziato che, dopo la riduzione dei contributi nel 2016, Ryanair ha drasticamente tagliato le rotte da e per Alghero, provocando un crollo del traffico. Nel contesto di Parma, il co-marketing si è dimostrato inefficace, non riuscendo a generare un impatto duraturo. La situazione è cambiata solo grazie all’ingresso di un nuovo partner internazionale, che ha permesso allo scalo di raggiungere una crescita autonoma, liberandosi dalla dipendenza delle compagnie aeree.
Di Dia ha inoltre sottolineato come la Commissione Europea abbia più volte esaminato attentamente questi meccanismi, identificandoli come possibili aiuti di Stato non conformi e, in certi frangenti, imponendo la restituzione dei fondi ricevuti. Studi accademici hanno dimostrato che gli incentivi aeroportuali in Italia producono effetti temporanei e incerti, e che l’aumento dei passeggeri low-cost non si traduce necessariamente in una crescita stabile della spesa turistica. Questo suggerisce che il turismo promosso da Ryanair potrebbe essere un turismo “mordi e fuggi”, con turisti che scelgono la destinazione solo in base al prezzo del biglietto, soggiorni brevi, spesa ridotta e scarsa fidelizzazione.
Il rischio, secondo Di Dia, è quello di trasformare la Sicilia, e in particolare la provincia di Trapani, in una destinazione a basso valore aggiunto, totalmente dipendente dalle compagnie aeree. Per questo, Di Dia propone di investire i fondi attualmente destinati al co-marketing in progetti strutturali, come la riqualificazione di siti culturali e archeologici, il miglioramento delle infrastrutture e dei servizi turistici, e lo sviluppo di un sistema di trasporti pubblici efficiente. L’obiettivo è promuovere un turismo che si basi sulla qualità e sull’unicità dell’offerta, non sul prezzo del biglietto, un turismo che “resta, spende e fidelizza”.
Il rapporto tra Ryanair e gli aeroporti minori italiani solleva anche interrogativi sulla concorrenza nel settore aereo e sulla sostenibilità del modello di sviluppo turistico che sta promuovendo. La compagnia irlandese, grazie alla sua posizione dominante e alle sue aggressive politiche commerciali, può esercitare una forte pressione sulle altre compagnie aeree, limitando la concorrenza e ostacolando lo sviluppo di alternative.
L’articolo del Corriere della Sera del 18 marzo 2017 (poi modificato il 20 marzo 2017) ha messo in luce come Ryanair riceva ingenti incentivi da diversi aeroporti italiani, tra cui Trapani, Bari, Brindisi, Ancona e Bergamo. Questi incentivi, che possono arrivare a milioni di euro all’anno, rappresentano un vantaggio competitivo significativo per Ryanair, che può così offrire tariffe più basse e attrarre un maggior numero di passeggeri. Tuttavia, questa pratica solleva dubbi sulla correttezza della concorrenza e sulla sostenibilità economica degli aeroporti che erogano tali incentivi.
L’articolo del Corriere ha inoltre evidenziato la mancanza di trasparenza che spesso caratterizza l’erogazione di questi incentivi. Nonostante le normative europee richiedano la massima trasparenza sugli aiuti di Stato, è spesso difficile ottenere informazioni precise sugli importi erogati e sulle modalità di selezione dei beneficiari. Questa mancanza di trasparenza alimenta il sospetto che gli incentivi vengano erogati in modo discrezionale, favorendo Ryanair a discapito delle altre compagnie aeree.
L’aeroporto di Verona è un esempio di come gli incentivi eccessivi a Ryanair possano compromettere la sostenibilità economica di uno scalo. Alcuni anni fa, il gestore dell’aeroporto scaligero ha fatto talmente male i conti da dichiarare nel 2013 una perdita di 26 milioni di euro. Lo scalo di Verona garantiva a Ryanair e ad altre compagnie aeree a basso costo un importo di 24 euro per ogni passeggero. La Regione Veneto, essendo azionista dello scalo, ha reagito con grande indignazione. Ryanair, per un certo periodo, ha interrotto i voli su quella tratta a causa della cessazione degli incentivi, riprendendoli solo in un secondo momento.
Un altro aspetto critico è legato alla qualità del turismo promosso da Ryanair. Come evidenziato da Vincenzo Di Dia, il turismo low-cost può portare a un aumento dei flussi turistici, ma non necessariamente a una crescita economica stabile e duratura. I turisti che scelgono la destinazione solo in base al prezzo del biglietto tendono a soggiornare per periodi brevi, a spendere poco e a non fidelizzarsi con il territorio. Questo può avere conseguenze negative per l’economia locale, che rischia di diventare dipendente da un turismo di massa a basso valore aggiunto.
Per garantire uno sviluppo turistico sostenibile e duraturo, è necessario ripensare il modello attuale e promuovere un turismo che si basi sulla qualità, sull’autenticità e sulla valorizzazione del territorio. Questo richiede investimenti in infrastrutture e servizi di qualità, la promozione di un’offerta turistica diversificata e la creazione di un sistema di trasporti pubblici efficiente. È inoltre fondamentale rafforzare il potere negoziale degli aeroporti minori, creando reti e consorzi per presentare un fronte comune di fronte alle richieste di Ryanair.
Il rapporto tra Ryanair e gli aeroporti minori italiani è un tema complesso, che richiede una riflessione approfondita. Da un lato, la compagnia aerea ha contribuito a democratizzare il volo e a promuovere il turismo regionale. Dall’altro, il suo potere contrattuale solleva interrogativi sulla sostenibilità del modello di sviluppo turistico che sta promuovendo.
Per i viaggiatori occasionali, un consiglio è quello di valutare attentamente i costi complessivi del viaggio, non limitandosi al prezzo del biglietto aereo. Spesso, gli aeroporti minori si trovano distanti dai centri città e mal collegati con i mezzi pubblici, il che può comportare costi aggiuntivi per il trasferimento. Inoltre, è importante considerare la qualità dei servizi offerti nell’aeroporto e nella destinazione, per evitare sorprese sgradite.
Per i viaggiatori esperti, un’informazione utile è quella di monitorare attentamente le politiche di incentivo degli aeroporti. Spesso, gli aeroporti offrono sconti e agevolazioni per attrarre nuove compagnie aeree o per incentivare l’apertura di nuove rotte. Questi incentivi possono tradursi in offerte vantaggiose per i passeggeri, ma è importante verificare che non si tratti di offerte temporanee, destinate a scomparire una volta terminato il periodo di incentivazione.
In conclusione, il rapporto tra Ryanair e gli aeroporti minori italiani è un equilibrio precario, che richiede una gestione attenta e consapevole. È fondamentale che le autorità locali e nazionali adottino politiche che favoriscano uno sviluppo turistico sostenibile e diversificato, che non dipenda esclusivamente da una singola compagnia aerea. Solo così sarà possibile garantire un futuro prospero e duraturo per il turismo regionale italiano.
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